MONASTERO SAN BENEDETTO
in bergamo
LA CHIESA
La chiesa del Monastero di San Benedetto può essere considerata un autentico gioiello dell’architettura cinquecentesca lombarda.
Unico documento che attesti l’effettivo intervento dell’Isabello, oltre che il confronto stilistico con altre sue opere, è la registrazione di un terreno donato dalle monache nel 1537 come compenso all’architetto. Alcuni anni dopo Leonardo Isabello, figlio di Pietro, restituì il terreno come dote per la sorella Maria, che fece il suo ingresso in monastero il 30 aprile 1544.
Nel periodo della Controriforma e, dopo il Concilio di Trento (1545-1563), vennero eseguite diverse visite pastorali. Nel corso della sua visita, avvenuta il 27 settembre 1575, il Card. Carlo Borromeo non rilevò alcuna irregolarità nella vita monastica. Dispose però che fosse costruito un tabernacolo in legno dorato per conservare il SS. Sacramento e fosse chiuso il coro-matroneo, da dove le monache assistevano le funzioni religiose, trasferendolo nella sacrestia interna e riorientando l’altare ad est.
Tuttavia questo progetto non fu attuato. Inoltre, ordinò di chiudere ogni finestra o porta sull’esterno. Di autorità (manu militari) sancì l’unione del monastero extra muros di San Fermo, in località Plorzano, con quello cittadino.
Le visite pastorali proseguirono nel corso del sec. XVII: da segnalare quella del vescovo Federico Cornaro (1561-1577), nel 1624, e del vescovo Daniele Giustiniani (1664-1697), nel 1668, che certificarono la presenza di numerose reliquie10. Il verbale della visita del Cornaro fornisce precise indicazioni sui cinque altari, sui quali venivano celebrate quattro missæ continuæ, segnala la presenza del prezioso tabernacolo in argento e ebano realizzato nel 1620 dall’argentiere milanese A. Scanini e sui preziosi conservati nella sacrestia.
Le visite pastorali, effettuate nel corso del sec. XVIII, non rilevarono alcuna irregolarità, come testimoniato anche dal Card. Pietro Priuli (1708-1728) in visita nel 1711: “non si ritrovò cosa inconveniente, anzi disse che era rimasto sodisfatto”.
Nel corso del Settecento sono da segnalare alcuni interventi che modificarono la chiesa: il restauro completo negli anni 1756-57; l’ampliamento dei gradini dell’altare maggiore, l’acquisto di un prezioso paliotto d’argento per l’altare; il rifacimento degli ostensori per le reliquie e nuovi arredi. Nel Capitolo conventuale, del 12 maggio 1795, si decise di rivestire in marmo la predella e gli scalini del pavimento dell’altare maggiore. Con l’avvento della Repubblica Cisalpina (1797) si giunse alla soppressione di tutti gli Ordini religiosi e alla chiusura anche del nostro monastero e della sua chiesa. L’altare d’argento, i paramenti e numerose suppellettili liturgiche furono requisite dall’autorità napoleonica. La pala raffigurante l’Assunta di G. B. Moroni (1520/24-1578) e quella di S. Stefano di Calisto Piazza (1500-1561) vennero trasferite a Brera. Le monache riuscirono a rimanere nel monastero conducendo una limitata e controllata vita comunitaria. Il ripristino ufficiale della vita claustrale avvenne il 10 maggio 1827. Nel 1841 si decise di realizzare il nuovo altare maggiore in marmo su progetto dell’architetto Giacomo Bianconi. Sia nel 1907 che nel 1927, per celebrare l’anniversario del ripristino, furono apportate alla chiesa ed al patrimonio artistico alcune migliorie. Nel 1950 fu restaurato il coro, successivamente modificato nel 1969 dall’architetto Abramo Bugini e tra il 1997 e il 2002 da Mario Toffetti. Importanti lavori di restauro, all’esterno e all’interno della chiesa monastica, ebbero luogo negli anni Ottanta, come testimoniato dalle iscrizioni sulle pareti interne della chiesa.
Negli anni Novanta, su invito dell’Ordinario, fu realizzato il progetto di totale ristrutturazione del presbiterio, per permettere la partecipazione diretta delle monache alla liturgia.
Durante i restauri degli anni Ottanta, per il rifacimento del pavimento è stato rinvenuto un sepolcreto: le abbadesse e le priore trovavano sepoltura sotto l’altare maggiore, le monache, sul lato est, lungo la cancellata, diverse tombe di laici sull’impiantito della chiesa. Si è perciò provveduto a raccogliere i resti rinvenuti in un’unica sepoltura ben visibile con la nuova pavimentazione in marmo bianco e rosso di Verona.